Il testo poetico della giustizia. Alberico e Scipione Gentili leggono la Repubblica di Platone
Resumen
Il presente contributo cercherà di gettare luce sulla ricezione della Repubblica di Platone (e, insieme, della Poetica di Aristotele) nel dibattito sulla poesia che in Età moderna vide protagonisti, fra gli altri, due importanti giuristi: i fratelli Alberico (1552-1608) e Scipione Gentili (1563-1616). Come giustificano questi autori l’affinità fra poesia e diritto? A quali auctoritates del passato fanno riferimento? Si mostrerà, in primo luogo, in che modo concepiscano tale rapporto; poi, attraverso quali fonti del dibattito cinquecentesco sulla poesia ne articolino gli estremi concettuali e, infine, come la lezione della Repubblica platonica possa chiarire la natura di tale dibattito, generalmente definito di matrice aristotelica piuttosto che platonica. Si vedrà come il rapporto fra poesia e diritto sia articolato, da un lato, attraverso una qualificazione dell’atto poético come analogo al procedimento retorico, proprio in aperta polemica con Platone; e dall’altro, come il rifiuto omerico espresso da Platone nella Repubblica apra una breccia ai due fratelli Gentili per affermare il primato di un altro poeta: Virgilio. Si concluderà suggerendo che l’analogia fra giustizia e poesia presente nella Repubblica costituisca una possibile chiave interpretativa del rapporto fra diritto e poesia, poiché è la presenza (non dichiarata) di un criterio platonico di giustizia a conferire validità normativa all’exemplum poetico.
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